CAPITOLO 8

Qualcosa colpisce Chase sulla guancia.
L'oscurità lo avvolge come un sudario mentre giace a pancia in giù, privo di conoscenza. Tutto è immobile, si ode solo il rumore ritmico delle gocce che zampillano dal soffitto della grotta. In ginocchio, Zac tende una mano alla cieca, cercando di capire dove sia finito il ragazzo che lo ha cacciato in questo casino. Ha freddo e un branco di scimmie gli urla nel cervello eppure è sorprendentemente illeso. Dopo diversi metri di caduta, deve essere atterrato sul corpo di Chase, per poi rotolare di lato e sbattere la testa contro una pietra.
"Chase? Chase?" lo chiama, avanzando a quattro zampe.
Le sue dita incontrano la spalla molle dell'amico e dopo un momento di incertezza, l'afferrano e la scuotono.

"Chase!" ripete, senza ottenere risposta.
La temperatura è almeno cinque gradi in meno rispetto al sentiero ma almeno è costante.
Una zaffata di marcescenza lo colpisce, bruciando nelle narici all'altezza degli occhi.
"Chase!" prova nuovamente.
La vista si sta abituando lentamente all'oscurità e ne intravede la sua sagoma accasciata sulla pancia. Si trascina verso la sua testa, ignorando la fitta che gli trafigge la coscia. I jeans devono essere strappati, perché il fondo roccioso gli graffia la rotula.
"Cazzo Chase, ti vuoi svegliare?! Non puoi abbandonarmi dopo avermi ficcato in questa situazione di merda!"
Qualcosa si illumina alla sinistra del suo corpo. Se fosse giorno, il bagliore sarebbe stato appena percettibile ma ora quel chiarore è come una torcia accesa.
A proposito, la torcia! Chase l'aveva nello zaino quando sono caduti.
Tastando la sua schiena, lo trova, alza il risvolto della chiusura e infila il braccio fino al gomito.

"Ma quanta roba hai qui dentro? Avremmo dovuto stare via solo qualche ora!"
Sposta quelli che al tatto sembrano dei vasetti di vetro per conserve, alcuni fogli arrotolati, una scatola di legno. Non è possibile che non ci sia. Controlla nelle tasche di rete laterali: da una parte c'è una bottiglietta d'acqua che sicuramente tornerà utile a breve e dall'altra... eccola, proprio vicino alla bussola. Prova ad accenderla, senza successo. La sbatte un paio di volte sul palmo della mano aperta e un raggio di luce squarcia le tenebre conficcandosi nella parete lucida come una lama. Si ripara istintivamente gli occhi e per un momento rimane accecato. Un rumore di ali  gli fa abbassare il capo. Poi sbircia tra le fessure delle dita e si tira su con il busto, mettendosi seduto.
“Ok, ora ti sentirò il polso. Ti scongiuro, per favore, vedi di non deludermi.”

...

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